PER ANDARE AL SONAR CI VUOLE UN FISICO BESTIALE / REPORT

Ricordi quando un anno fa ti abbiamo consigliato di prendere la giusta razione di vitamine, prima di andare al Sonar? Ti suggeriamo anche di spararti delle session di corsa, hit e cardio, quest’anno a Barcellona. Combo energetica che ti permette di ballare dalle due di pomeriggio a chiusura, senza sosta. Insomma, quest’anno abbiamo battuto il Sonar, nonostante fosse molto in forma.

Non basta quello fisico, c’è anche bisogno di allenamento mentale, e il negozio di dischi più famoso della città, sotto casa, fa proprio al caso nostro. Discos Paradiso ti fornisce la giusta carica per affrontare le ore successive.

Sonar de Dia

Dopo i riti del mattino, tonici, ci precipitiamo verso la ventitreesima edizione di Sonar. Andiamo presto perchè prima di caricare duro, si sa,  È meglio scaldarsi. Un po di jogging tra le aree tematiche Startup Garden, MarketLab e Realities+D È ideale. Proprio in quest’ultima proviamo alcuni dei device del futuro per godersi la realtà virtuale, in particolare il recente Vive di HTC, con la quale puoi disegnare in 3d con TiltBrush di Google, e metterti nei panni di un commesso del fast-food con Job Simulator, ma non ha molto senso descrivertelo, guardati subito i video nei siti ufficiali.

L’allenamento continua con il salto in alto per oltrepassare la coda della conferenza dei 20 anni di Raster-Noton con Carsten Nicolai e Olaf Bender (alla quale abbiamo subito rinunciato), e ci muoviamo verso l’attesissimo SonarPLANTA, un oasi isolata dal frastuono dei soundsystem, sonorizzata e illuminata da Earthworks, l’installazione del duo britannico Semiconductor che puoi finalmente vedere qui:

Dopo il “relax” in SonarPLANTA, siamo pronti a buttarci nella mischia del Sonar de Dia. Si parte dal più classico dei palchi, quello con il prato verde, il sole, e la pioggia. Si per la prima volta abbiamo anche ballato sotto la pioggia al SonarVillage.

Tra i live e i djset più interessanti, per esempio, i The Spanish Dub Invasion con il dub-master MadProfessor, che ti fanno vibrare tutte le ossa e va a finire che balli una cosa che sembra una serie di jumping-squat a colpi di basse frequenze. Guarda quanto si è gasato il tizio a fianco a noi, quando vince il quiz di Mad Professor, aggiudicandosi uno dei suoi dischi:

A nostro modo anche noi siamo fortunati e intercettiamo la versione Club di Mogador degli Acid Arab, ennesima occasione per saltare in mezzo alla folla.

Poi arriva The Black Madonna, si chiama così perchè è quello che esclami quando la vedi per la prima volta, poi il djset ti rapisce e inizi a non capire piú niente, un pó cosí:

Finalmente vediamo dal vivo il ghanese Ata Kak con la sua band, e anche se ha un bel pò di anni in piú rispetto a come ce lo ricordiamo nella cover della musicassetta (rilasciata nel lontano 1994 e ri-pubblicata a marzo 2015), Ata Kak non perde un colpo, cantando e ballando tutta la sua produzione senza tregua.

A seguire Congo Natty, Santigold, il duo Bob Moses, lo splendido live strumentale di Badbadnotgood, il piumato sudafricano Nozinja e tanti altri scatenano la folla del più capiente stage del Sonar de Dia, finchè non piove e si corre ai ripari, a parte un piccolo gruppo di intrepidi che continuano a muoversi come se nulla fosse, sotto-pioggia, sotto-cassa.

Sonar de Dia è un gran casino, ci sono così tanti artisti e palchi che se pensi di rilassarti e goderti il festival in santa pace, è meglio che lasci perdere subito.

Programma (o App) alla mano e ti rendi subito conto che ci sono circa 30-45 minuti da dedicare ad ogni set, se collezioni artisti come figurine. E se hai la buona sorte dalla tua parte, appena metti piede in ogni stage, ti becchi la tua canzone preferita servita ben calda.

Saltiamo da un palco all’altro come molle, ora al SonarDome, lo stage in blu presentato da RedBull Music Academy, con le melodiche di Jamie Woon e band, poi il produttore tedesco co-fondatore dell’etichetta Running Back e membro dell’Accademia Red Bull, Gerd Janson (due volte, una come Tuff City Kids). SonarDome ci regala anche le cupe atmosfere afro-elettroniche di Lafawndah e l’ipnotico side project improvvisato di Move D con Juju & Jordash, chiamato Magic Mountain High.

Nel SonarHall, il grande stage indoor diurno, l’ecuadoriano Nicola Cruz con le sue sognanti ritmiche tribali soddisfano la scimmia che viene a trovarti dopo che ti ascolti il sup LP uscito nel 2015.

Sempre nel SonarHall vediamo Kelela, poi il live di David August, l’etiope Mikael Seifu, la britannica formazione hip hop Roots Manuva, per il secondo anno consecutivo Oneohtrix Point Never e il rapper svedese più giovane di sempre: il ventenne Yung Lean.

Sonar+D interviene anche nella programmazione musicale, offrendo contenuti speciali sia di giorno che di notte. Degno di nota F.I.E.L.D., progetto sperimentale dove il canadese Martin Messier attacca e stacca connettori da una coppia di pannelli metallici, producendo inizialmente suoni sconnessi, per poi creare un incalzante beat del futuro che si può vedere oltre che sentire. Martin amplifica campi magnetici, solitamente impercettibili a occhi e orecchie “nude”, in uno spettacolo sonoro e fisico unico.

Anche il ventesimo anniversario dell’etichetta Raster-Noton fa parte della rassegna Sonar+D e il sabato pomeriggio ci immergiamo nelle poltrone del teatro (il SonarComplex) dove ci spariamo 3 ore di Alva Noto, Cyclo (di Ryoji Ikeda e Carsten Nicolai) e Olaf Bender con Byetone.

Il sound probabilmente lo conosci, ma se ti serve una rinfrescata guardatelo qui:

Dal 2016 la rassegna diurna dura fino alle 23, rendendo ogni decisione ancora più difficile. Di fretta e furia ci buttiamo nel primo taxi assieme ad altri sconosciuti e in pochi minuti siamo nella venue notturna, l’imponente Fira Gran Via ai limiti della città.

Sonar de Noche

Essendo noi molto in forma, corriamo, naturalmente in ritardo, verso il padiglione piû lontano, chiamato SonarPub, dove si sta gia esibendo da un pò Anohni, provvistO di burqa, con Hudson Mohawke e Oneohtrix Point Never, produttori del progetto Hopelessness.

Anohni è il warm-up di una notte molto lunga che continua con  lo scurissimo live set dei Red Axes di Tel-Aviv che ci portano al livello successivo, necessario per poter proseguire la nottata. Quando arriva la star aussie del momento, Flume, lo stage si imballa di presi bene in tempo zero. Noi aspettiamo i primi drop, per continuare ad espellere tossine, sudando come quando ci credi e spingi duro sui bilancieri.

Per “riprenderci” ci lasciamo sottomettere ai bpm insostenibili del dj set di Kode9. Poi c’è il live di James Blake, gli italiani Mind Against, e l’inglese Eats Everything che con sonorità appartenenti a mondi diversi, si susseguono nell’immenso main stage De Noche, il SonarClub.

Kaytranada è un altro buon esempio di stage imballatissimo, il suo djset è colmo di suoi remix e produzioni, come speriamo dalla recente uscita dell’LP 99,9%. Puoi solo immaginare quanto abbiamo sgambettato quando, finalmente, mette “Lite Spots” prima di salutarci.

L’altro giovanissimo, Mura Masa, polistrumentista e produttore diciannovenne, sforna melodie fresche e umide, calme e  sincopate, le stesse che da un paio di anni appaiono in parecchi mixati. E anche con Mura Masa ci facciamo una bella sudata, e noi giù a reintegrare liquidi a botte di Estrella.

Ma la vera figata del Sonar De Noche 2016 è la ben riuscita inaugurazione del nuovissimo stage SonarCar.

Sicuramente hai gia sentito parlare dell’autoscontro del Sonar De Noche, ecco, una volta c’era veramente musica zarra da autoscontro, poi qualcuno deve Essersi lamentato e hanno vietato ai giostrai di portarsi le loro musicassette da casa. Poi i lungimiranti organizzatori del Sonar si sono inventati una piccolo stAge chiamato SonarCar, per salvare gli autoscontri dalla noia degli incidenti senza musica.

Quest’anno gli stessi organizzatori, hanno trasformato la “saletta” in un “salone” assai appagante, circoscritto da una tendaggio rosso. Pare addirittura di entrare in un tunnel spazio-temporale con il Sonar De Dia, perchè l’atmosfera è proprio quella. Hanno fatto le cose talmente in grande, che quest’anno non ci sono stati nemmeno gli autoscontri nello stesso padiglione, quindi li hanno spostati all’aperto, vicino allo stage SonarLab.

Ma il cuore di questo colpo di genio è la semplicità della scaletta musicale: un (grande) artista per sette luuunghe ore. La faticosa performance è messa nelle mani di due grandi performer già allenatissimi: Four Tet la prima notte e Laurent Garnier la seconda.

è Four Tet che inaugura lo stage con un infinito crescendo di generi attraversando tutta la cultura di cui i suoi beat sono pregni, i primi anni del rocksteady, dub, disco, funk, tribal, broken beat, house, techno.. e prima che te rendi conto sono gia le 7 del mattino e il viaggio nel tempo è finito.

Il giorno dopo torniamo speranzosi al SonarCar pensando che nessuno possa replicare il tour de force a cui ci ha sottoposto Kieran Hebden la notte precedente. E invece, Laurent Garnier fa capire le sue cattive intenzioni fin dal primo battito del suo set, ma noi, ormai al terzo giorno di festival, siamo allenatissimi e prendiamo sul personale la sfida delle 7 ore, infatti, decisi, chiudiamo ancora al SonarCar e ci portiamo a casa il montepremi.

Se vuoi vincere anche tu, allenati e mangia sano, ma inizia subito, perchè il Sonar sta gia pensando ad altre trovate geniali, per sconfiggerti l’anno prossimo.

ci vediamo al Sonar 2017.

CIAO PALESTRATI

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