Italian Steel di Matteo Bellomo e Filippo Antonioli

Un progetto di Matteo Bellomo e Filippo Antonioli. Nasce come mini serie fotografica scattata in un’acciaieria a Piombino e si sviluppa diventando un progetto multidisciplinare in cui si accostano immagini incandescenti e grafiche dal sapore sovietico.

Matteo Bellomo, cuore e corpo pugliese, scatta fin da quando era in fasce. Ora attivo nel milanese, per lui la macchina fotografica è mezzo rigoroso, fonte di programmazione e gesti precisi. Analizzando e creando immagini si interpella sul ruolo della fotografia e sulla possibilità di ricreare le sensazioni del vissuto.

Filippo Antonioli, grafico e designer cresciuto a Cremona, di base a Milano, disegna le collezioni di Iuter e la sua ricerca passa costantemente attraverso il trasversale mondo delle icone: interpretandole, decontestualizzandole ed interrogandosi sul valore del loro simbolismo risolutivo.

Italian Steel inizia come miniserie fotografica quando a Matteo capita finalmente di essere catapultato in un’acciaieria. Passa tra le mani e la testa di Filippo che non può che arricchire con un suo preciso punto di vista. Grazie ad una visione del mondo similare, fiducia e stima reciproca e la passione per la stessa musica, perdono le tracce negli infiniti collegamenti strutturando un dialogo senza preciso confine o linea narrativa, più che da leggere, da ascoltare.

Testo di Stefania Zanetti

Sulle rotaie d’acciaio appena forgiato, con Italian Steel penetriamo fisicamente in un microcosmo materico multiforme che contrasta con la sua stessa rigida fattezza esteriore. Come un tuffo in un alverare di cui si fatica a strutturare mentalmente la complessità, si aprono le porte di una fabbrica metallurgica e a nudo sono i suoi processi produttivi.

Osservando, scorriamo su due binari che ci propongono un’esperienza parallela prodotto di un’infatuazione per tutto ciò che s’incastra e funziona. È sicuramente anche un’indole provinciale che rende Matteo e Filippo abili investigatori. Proseguono complici nel descrivere un’esperienza che trae gli incipit da un sistema industriale per poi trascenderlo. Due diversi linguaggi che scavalcano assieme la rigida compostezza dello spazio fisico.

Da un lato uno stimolo alle sensazioni che evaporano dai fumi delle pressioni violente, dall’altro una sintesi compatta a cui l’immaginazione si appella per ripercorrerne la trama.

Questo itinerario iniziato per dare uno sguardo ai retroscena e soddisfare quella voglia di capire i meccanismi si tramuta in immersione corporea e mentale. Smossi da ricordi d’infanzia e istigati da quella tendenza a scavare dietro alle superfici impeccabili per comprenderne i meccanismi, viaggiano metaforicamente in un universo parallelo in cui la pelle d’oca s’increspa e l’immaginazione naviga. Ascoltano quei suoni a battito cardiaco, lasciando che lo sguardo e le idee si appoggino a quel ritmo cadenzato per poi scatenarsi in sudore e fusioni.

Matteo, accecato da quel dinamismo di energia frizionata in ricircolo capta la definizione concreta di un processo tracciabile nella sua interezza e ci si abbandona. Stupito dalla minuziosa precisione definita da azioni mastodontiche cattura l’atmosfera che caratterizza i cambiamenti di stato fisici. Diverse sensazioni scalpitano per fuoriuscire dai confini di tale freddezza e rigidità. A poco a poco perde traccia delle precise fattezze tangibili smettendo di provare a possederne la configurazione mentale, lasciandosi trascinare da vari metri quadri di superfici riflettenti che lo coinvolgono in una dimensione percettiva assuefacente nella sua crudezza.

Nel frattempo, ordinati formicai di persone necessariamente abitudinarie sono conformati al servire macchine impegnate nel produrre risposte alle loro stesse presunte necessità. Subordinazioni o subordinate scandiscono un ritmo che disorienta. Ognuno spinge il corpo al limite per rimanere in pista, ballando a favore di apparecchio perdendo la ragione.

Mentre sedimentano le sensazioni, come linee guida che trapassano lo strato di carta copiativa, Filippo ne ricerca i più basilari significati, creando connessioni trasversali tra matrici produttive e sociali. Se innanzi al titolo pensiamo d’esser su Marte, è arrivato il momento di mettere i chiodi, ridimensionandoci alla sua più terrena dimensione. Amplia il punto di vista per ricercare, ipotizzare e riassumere cause e risultati. Un gioco di similitudini tramite l’appropriazione di simboli che decontestualizzati propongono una nuova lettura. Un’ evoluzione di significati come trampolino di lancio per l’immaginazione che s’indaga sulla valenza e sulla condizione umana che ne fa da riflesso.

Rosso non solo come l’incandescenza, ma anche la fatica, il calore trasformato in sudore e visi paonazzi. Rosso come il sangue.

Italian Steel è ciò che stimola l’industriale, vissuto quasi come una serata in un club dove le emozioni forti riemergono e vengono lasciate trapelare. Uno stato di trance percettiva in cui l’immaginazione galoppa oltre la stratosfera per sviluppare concetti ultraterreni.

Crediti:

A project documented by Matteo Bellomo
Layout and graphic by Filippo Antonioli
Piombino / Milano © 2020

“Frastornata e disorientata sudo ed ancora percepisco l’olezzo di sfoghi lattiginosi evaporare nell’intimità di fredde anticamere metalliche di un processo intoccabile. Riassorbo e ancora un poco m’interrogo mentre viti continuamente s’affilano. Ora ho bisogno di picchiettare i denti su qualcosa di croccantissimo, divaricare la gola ad un fluido reidratante.”

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